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Esposizione d'arte di Gianni Gianella
Dal 9 ottobre al 14 novembre 2004

 
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GIUSEPPE CURONICI:
"OPERE FINO AL 2004" DI GIANNI GIANELLA

Galleria d'Arte Rissone

Ci troviamo di fronte a un'esposizione che al primo momento subito attrae per la sua forza di comunicazione luminosa e ricca di colori, di luce, ricca di forme e istintivamente ci si sente sollecitati ad avvicinarsi al dipinto; il colloquio parte subito. Però, se cerchiamo di capire meglio che cosa succede le cose diventano complesse e per comprenderle adeguatamente, sia pure in maniera rapida, è opportuno ricominciare dall'inizio ed essere consapevoli del percorso che l'artista ha compiuto per arrivare fin qui.
Ci accorgeremo che i dipinti che sembrano diversissimi fra di loro si spiegano l'uno con l'altro perché c'è un trapasso di certe sollecitazioni di fondo che poi evolvono e maturano da una fase all'altra.
Si parte dall'osservazione più elementare di tutte: all'inizio c'era il mondo, le cose, la percezione comune. Per esempio per qualcuno che abita nella parte meridionale del Cantone Ticino sarà il paesaggio del mendrisiotto, saranno le colline, le case; se invece questa persona lavora a Milano sarà la veduta di Milano e insieme gli oggetti, il cambiamento che le ore del giorno e le stagioni dell'anno portano. Gianella ha cominciato a dipingere oltre quarant'anni fa ed è un paesaggista. L'idea del paesaggio, in fin dei conti presente anche nei dipinti di adesso, è un paesaggio che diventa astratto anziché descrivere gli oggetti percepiti. Ma attraverso tutte le possibili lavorazioni sta di fatto che c'è la percezione di uno spazio grande con inseriti degli oggetti che è sufficiente guardare per vedere. Praticamente era una pittura di tipo naturalistico con certe inflessioni immediatamente culturalizzate. Non si può mai pensare la riproduzione immediata degli oggetti della natura, c'è sempre qualche filtro mentale. In questo caso era l'influsso di naturalismo e realismo alla maniera lombarda più Cezanne, il colore luminoso degli impressionisti, ma anche quel certo senso della sfaccettatura dell'elaborazione della forma. Si potrebbe dire che certi pittori italiani influenzati da Cezanne erano il suo punto di partenza con l'alternarsi di due temi principali che non sono come potrebbe sembrare in apparenza città-campagna, le colline del mendrisiotto, la veduta di Milano, niente affatto. L'alternarsi di due temi principali è di tipo strettamente pittorico. Le scene che si fondono tra di loro con effetto di colore piuttosto scuro, autunnale o serale, diciamo un autunno sulle colline assomiglia moltissimo a una veduta della città di Milano con nebbie autunnali per l'effetto delle forme e dei colori e delle luci. In opposizione al paesaggio solare pienamente illuminato. L'opposizione che abbiamo individuato adesso è di tipo atmosferico e pittorico più che di soggetto materiale. È apparsa nella pittura figurativa di Gianella tanti anni fa ma è presente in pieno oggi e se dovessimo tentare di suddividere questa mostra con i suoi numerosi dipinti in varie categorie diremmo che la categoria è una sola, perché in realtà è molto unificato ma le subcategorie sono le ricerche sugli effetti di sera o di autunno e quelle di stagione pienamente illuminata. Da una parte c'è il quadro arancione-verde e dall'altra, invece, quello grigio-rosato-marrone sfumato e così via, cosa questa di cui ci si accorge immediatamente se si guarda un dipinto come quello intitolato "contraccolpi" di fronte a quello che si chiama "conchiglia-autunno" dove appare precisamente quell'altra scelta di colori. La cosa che a noi interessa è vedere questa continuità di fondo. L'opposizione fra questi due intenti coloristici era stata acquisita ai tempi della pittura figurativa iniziale elaborata, raffinata e confermata nella produzione di adesso. Ci sono i due estremi ma naturalmente ci si domanda come è possibile un cambiamento così forte: il passaggio dal figurativo all'astratto è un'esperienza che quasi tutti o comunque molti degli artisti dei nostri tempi hanno compiuto, però ognuno a modo suo. E se si dice in generale che è avvenuto il passaggio non è sufficiente perché ci dimenticheremmo dell'esperienza personale che ha avuto un artista. Chiaro che l'esperimento è stato ideato e nel medesimo tempo vissuto le prime volte dai grandi maestri dell'arte internazionale, all'inizio del ventesimo secolo, ma anche in questo caso ognuno seguiva la sua strada. Per esempio ci sono quelli che si sono messi a suddividere l'oggetto, a sfaccettarlo, producendo sfaccettature sempre più accentuate così automaticamente gli effetti di tipo geometrico-analitico prevalevano su tutto il resto. Altri si sono messi invece a lasciar scattare pennellate sempre più fluide, guizzate, e così ognuno la sua strada. Nel caso di Gianella sappiamo esattamente che cosa è capitato perché sono rimasti molti dipinti di circa trent'anni fa. Abbiamo detto oltre quarant'anni fa la prima fase figurativa, dopo cinque, dieci anni questo evento che consiste nell'usare un suggerimento dato da certi effetti di luce ribassata e di nebbia che unificano le masse. Unificano i volumi. Allora Gianella ha cominciato a dipingere consapevolmente accentuando i volumi d'assieme, le masse d'assieme, le luci anche d'assieme, evitando o sintetizzando in poche forme tutti i particolari che compongono, per esempio, le foglie di un albero, le tegole di un tetto. Tutti questi sono oggetti piccoli però sono unificabili. I fili d'erba di un prato a un certo momento diventano un verde unico. Se quel tetto rosso di tegole viene unificato ci dà un'estensione di rosso unico e così può capitare a una collina o a una fetta di cielo. In altre parole il procedimento vissuto da Gianni Gianella in questa sua fase è stato la sintesi semplificazione delle forme quindi il distacco sempre più accentuato, non il rifiuto, ma una specie di distacco, di superamento, dei dettagli descrittivi. A questo punto la sua pittura cessa di essere l'illustrazione rappresentativa verista di un oggetto e diventa sempre più autonoma. Cosa che si può seguire poi anche nel periodo successivo. Questo però non vuol dire che Gianella si sia fermato in questa sua fase. Anzi, una delle sue caratteristiche è intanto la capacità di produzione di fantasie sue e lui è sempre capace di immaginare dei dipinti a nuovo. Ci sono persone che hanno visto numerose esposizioni sue, centinaia di quadri, ma ogni volta l'esposizione assomiglia solo a sé stessa. Si certo si ricollega a quello che uno aveva già visto l'anno prima o cinque anni prima, però non si tratta dello stesso quadro che quella volta non c'era. E' della produzione nuova. Gianella, si può dire anche con audacia, ha tentato degli esperimenti che lo allontanassero il più possibile da questa sua impostazione. Soprattutto ha lavorato in due direzioni. Una è quella della ricerca del montaggio polimaterico, ossia oggetti diversi che vengono fra di loro incollati, concatenati, ingranati, gli uni con gli altri. Ha fatto delle ricerche per qualche anno poi ha capito che questo non era l'indirizzo più adatto a lui. Però lo ha fatto ed è importante che ci sia stato come mettere in dubbio il proprio lavoro, cercare un'altra strada per poi ritornare con consapevolezza maggiore. Di questo periodo qui non ci sono esempi perché era un fase di lavoro suo. Un altro momento invece in cui ha spinto verso altre soluzioni è stato quello dell'abbandonare il più possibile delle forme definite da un disegno per una ricerca di colore-luce che arrivava direttamente all'informale. Anche questo per lui è stato un esperimento utile e di questa fase un paio di esempi sono quelli esposti in questa mostra. Il fatto che uno di questi lavori si intitoli "magma" vuol dire cercare di mettere in evidenza un ribollimento di energie o di materie primordiali che precedono l'elaborazione delle forme, quasi come se si potesse dire precedono la civiltà, precedono le strutture. Qui due esempi andavano esposti perché servono a capire tutto il resto del discorso. Ma in realtà ciò di cui lui aveva bisogno era la sintassi. Vale a dire la composizione. Vale a dire il mettere assieme una cosa che combini bene come rapporto di forme con le altre. Qui evidentemente c'è anche il ricordo, la percezione diretta dei procedimenti della musica, della conoscenza musicale della sua famiglia, lui stesso conosce la musica e il fatto che alcuni titoli di quadri portino dei riferimenti musicali in realtà non è solo una citazione così vagamente poetica e sentimentale, significa invece stare alla struttura compositiva. C'è un dipinto che si chiama "contraccolpi", un altro che si chiama "punto contra punto". Il vocabolo "contra punto" in musica ha un significato estremamente preciso. Vuol dire condurre una melodia parallelamente a un'altra, le due sono diverse ma fra di loro si ingranano. Uno risponde all'altro. Punto contra punto. Allora il senso della composizione. Il senso dell'articolazione che è uno degli elementi per lui molto importanti perché consente l'invenzione sempre a nuovo, la formulazione di immagini sempre determinate ciascuna per conto proprio ma come costruzione. C'è un abbandono istintivo evidentemente senza di che una produzione artistica non avviene ma nel medesimo tempo il senso delle proporzioni. Nell'attuale esposizione troviamo facilmente i risultati di tutte queste lunghe esperienze. L'alternarsi di luci e colori, la suddivisione oppure la maggiore sintesi delle forme, comunque come conduzione principale l'articolazione sia dei colori, sia delle forme. Infine, quello che è l'elemento decisivo che non si riuscirà mai a descrivere in nessun artista: il fatto che intuitivamente si arriva a inventare una forma che corrisponde a uno stato d'animo. Penso che ormai nessuno riuscirà a spiegare esattamente perché nasce una percezione interna, un sentimento, un'emozione di partecipazione o no da un dipinto. Non ci si arriverà mai. Quello che si fa nell'analisi critica o storica è individuare una quantità di elementi che si sa che alla fine confluiscono e conoscerli aiuta a capire più lucidamente ciò che si sta guardando, però più lucidamente non vuol dire mai: "adesso ho capito come funziona". Noi li sentiamo, li percepiamo, possiamo dire che abbiamo una grande sensazione di pulizia, di nitidezza di purificazione data anche dalla grande diligenza, dalla grande cura con cui l'artista sta sul suo lavoro. Penso che non bisognerebbe mai sottovalutare questa componente: quanto tempo, quanta fatica uno è disposto a dare per terminare un piccolo lembo di una superficie che sia ben condotta, che combini bene con quello che gli sta sopra, intorno, e così via. Fa parte del senso dell'articolazione. Ma poi alla fine l'effetto ritmico come composizione del tipo "contraccolpi", "punto contra punto" o gli effetti paesistici del paesaggio astratto che è sempre astratto, è sempre paesaggio, è proprio soltanto un'esperienza individuale a contatto con l'opera. Io vi auguro di apprezzare questa esposizione e la raccomando alla vostra attenzione.
Grazie.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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