GIUSEPPE
CURONICI:
"OPERE FINO AL 2004" DI GIANNI GIANELLA
Galleria d'Arte Rissone
Ci troviamo di fronte a un'esposizione che al primo momento subito attrae
per la sua forza di comunicazione luminosa e ricca di colori, di luce, ricca
di forme e istintivamente ci si sente sollecitati ad avvicinarsi al dipinto;
il colloquio parte subito. Però, se cerchiamo di capire meglio che cosa
succede le cose diventano complesse e per comprenderle adeguatamente, sia
pure in maniera rapida, è opportuno ricominciare dall'inizio ed essere
consapevoli del percorso che l'artista ha compiuto per arrivare fin qui.
Ci accorgeremo che i dipinti che sembrano diversissimi fra di loro si
spiegano l'uno con l'altro perché c'è un trapasso di certe sollecitazioni di
fondo che poi evolvono e maturano da una fase all'altra.
Si parte dall'osservazione più elementare di tutte: all'inizio c'era il
mondo, le cose, la percezione comune. Per esempio per qualcuno che abita
nella parte meridionale del Cantone Ticino sarà il paesaggio del
mendrisiotto, saranno le colline, le case; se invece questa persona lavora a
Milano sarà la veduta di Milano e insieme gli oggetti, il cambiamento che le
ore del giorno e le stagioni dell'anno portano. Gianella ha cominciato a
dipingere oltre quarant'anni fa ed è un paesaggista. L'idea del paesaggio,
in fin dei conti presente anche nei dipinti di adesso, è un paesaggio che
diventa astratto anziché descrivere gli oggetti percepiti. Ma attraverso
tutte le possibili lavorazioni sta di fatto che c'è la percezione di uno
spazio grande con inseriti degli oggetti che è sufficiente guardare per
vedere. Praticamente era una pittura di tipo naturalistico con certe
inflessioni immediatamente culturalizzate. Non si può mai pensare la
riproduzione immediata degli oggetti della natura, c'è sempre qualche filtro
mentale. In questo caso era l'influsso di naturalismo e realismo alla
maniera lombarda più Cezanne, il colore luminoso degli impressionisti, ma
anche quel certo senso della sfaccettatura dell'elaborazione della forma. Si
potrebbe dire che certi pittori italiani influenzati da Cezanne erano il suo
punto di partenza con l'alternarsi di due temi principali che non sono come
potrebbe sembrare in apparenza città-campagna, le colline del mendrisiotto,
la veduta di Milano, niente affatto. L'alternarsi di due temi principali è
di tipo strettamente pittorico. Le scene che si fondono tra di loro con
effetto di colore piuttosto scuro, autunnale o serale, diciamo un autunno
sulle colline assomiglia moltissimo a una veduta della città di Milano con
nebbie autunnali per l'effetto delle forme e dei colori e delle luci. In
opposizione al paesaggio solare pienamente illuminato. L'opposizione che
abbiamo individuato adesso è di tipo atmosferico e pittorico più che di
soggetto materiale. È apparsa nella pittura figurativa di Gianella tanti
anni fa ma è presente in pieno oggi e se dovessimo tentare di suddividere
questa mostra con i suoi numerosi dipinti in varie categorie diremmo che la
categoria è una sola, perché in realtà è molto unificato ma le subcategorie
sono le ricerche sugli effetti di sera o di autunno e quelle di stagione
pienamente illuminata. Da una parte c'è il quadro arancione-verde e
dall'altra, invece, quello grigio-rosato-marrone sfumato e così via, cosa
questa di cui ci si accorge immediatamente se si guarda un dipinto come
quello intitolato "contraccolpi" di fronte a quello che si chiama
"conchiglia-autunno" dove appare precisamente quell'altra scelta di colori.
La cosa che a noi interessa è vedere questa continuità di fondo.
L'opposizione fra questi due intenti coloristici era stata acquisita ai
tempi della pittura figurativa iniziale elaborata, raffinata e confermata
nella produzione di adesso. Ci sono i due estremi ma naturalmente ci si
domanda come è possibile un cambiamento così forte: il passaggio dal
figurativo all'astratto è un'esperienza che quasi tutti o comunque molti
degli artisti dei nostri tempi hanno compiuto, però ognuno a modo suo. E se
si dice in generale che è avvenuto il passaggio non è sufficiente perché ci
dimenticheremmo dell'esperienza personale che ha avuto un artista. Chiaro
che l'esperimento è stato ideato e nel medesimo tempo vissuto le prime volte
dai grandi maestri dell'arte internazionale, all'inizio del ventesimo
secolo, ma anche in questo caso ognuno seguiva la sua strada. Per esempio ci
sono quelli che si sono messi a suddividere l'oggetto, a sfaccettarlo,
producendo sfaccettature sempre più accentuate così automaticamente gli
effetti di tipo geometrico-analitico prevalevano su tutto il resto. Altri si
sono messi invece a lasciar scattare pennellate sempre più fluide, guizzate,
e così ognuno la sua strada. Nel caso di Gianella sappiamo esattamente che
cosa è capitato perché sono rimasti molti dipinti di circa trent'anni fa.
Abbiamo detto oltre quarant'anni fa la prima fase figurativa, dopo cinque,
dieci anni questo evento che consiste nell'usare un suggerimento dato da
certi effetti di luce ribassata e di nebbia che unificano le masse.
Unificano i volumi. Allora Gianella ha cominciato a dipingere
consapevolmente accentuando i volumi d'assieme, le masse d'assieme, le luci
anche d'assieme, evitando o sintetizzando in poche forme tutti i particolari
che compongono, per esempio, le foglie di un albero, le tegole di un tetto.
Tutti questi sono oggetti piccoli però sono unificabili. I fili d'erba di un
prato a un certo momento diventano un verde unico. Se quel tetto rosso di
tegole viene unificato ci dà un'estensione di rosso unico e così può
capitare a una collina o a una fetta di cielo. In altre parole il
procedimento vissuto da Gianni Gianella in questa sua fase è stato la
sintesi semplificazione delle forme quindi il distacco sempre più
accentuato, non il rifiuto, ma una specie di distacco, di superamento, dei
dettagli descrittivi. A questo punto la sua pittura cessa di essere
l'illustrazione rappresentativa verista di un oggetto e diventa sempre più
autonoma. Cosa che si può seguire poi anche nel periodo successivo. Questo
però non vuol dire che Gianella si sia fermato in questa sua fase. Anzi, una
delle sue caratteristiche è intanto la capacità di produzione di fantasie
sue e lui è sempre capace di immaginare dei dipinti a nuovo. Ci sono persone
che hanno visto numerose esposizioni sue, centinaia di quadri, ma ogni volta
l'esposizione assomiglia solo a sé stessa. Si certo si ricollega a quello
che uno aveva già visto l'anno prima o cinque anni prima, però non si tratta
dello stesso quadro che quella volta non c'era. E' della produzione nuova.
Gianella, si può dire anche con audacia, ha tentato degli esperimenti che lo
allontanassero il più possibile da questa sua impostazione. Soprattutto ha
lavorato in due direzioni. Una è quella della ricerca del montaggio
polimaterico, ossia oggetti diversi che vengono fra di loro incollati,
concatenati, ingranati, gli uni con gli altri. Ha fatto delle ricerche per
qualche anno poi ha capito che questo non era l'indirizzo più adatto a lui.
Però lo ha fatto ed è importante che ci sia stato come mettere in dubbio il
proprio lavoro, cercare un'altra strada per poi ritornare con consapevolezza
maggiore. Di questo periodo qui non ci sono esempi perché era un fase di
lavoro suo. Un altro momento invece in cui ha spinto verso altre soluzioni è
stato quello dell'abbandonare il più possibile delle forme definite da un
disegno per una ricerca di colore-luce che arrivava direttamente
all'informale. Anche questo per lui è stato un esperimento utile e di questa
fase un paio di esempi sono quelli esposti in questa mostra. Il fatto che
uno di questi lavori si intitoli "magma" vuol dire cercare di mettere in
evidenza un ribollimento di energie o di materie primordiali che precedono
l'elaborazione delle forme, quasi come se si potesse dire precedono la
civiltà, precedono le strutture. Qui due esempi andavano esposti perché
servono a capire tutto il resto del discorso. Ma in realtà ciò di cui lui
aveva bisogno era la sintassi. Vale a dire la composizione. Vale a dire il
mettere assieme una cosa che combini bene come rapporto di forme con le
altre. Qui evidentemente c'è anche il ricordo, la percezione diretta dei
procedimenti della musica, della conoscenza musicale della sua famiglia, lui
stesso conosce la musica e il fatto che alcuni titoli di quadri portino dei
riferimenti musicali in realtà non è solo una citazione così vagamente
poetica e sentimentale, significa invece stare alla struttura compositiva.
C'è un dipinto che si chiama "contraccolpi", un altro che si chiama "punto
contra punto". Il vocabolo "contra punto" in musica ha un significato
estremamente preciso. Vuol dire condurre una melodia parallelamente a
un'altra, le due sono diverse ma fra di loro si ingranano. Uno risponde
all'altro. Punto contra punto. Allora il senso della composizione. Il senso
dell'articolazione che è uno degli elementi per lui molto importanti perché
consente l'invenzione sempre a nuovo, la formulazione di immagini sempre
determinate ciascuna per conto proprio ma come costruzione. C'è un abbandono
istintivo evidentemente senza di che una produzione artistica non avviene ma
nel medesimo tempo il senso delle proporzioni. Nell'attuale esposizione
troviamo facilmente i risultati di tutte queste lunghe esperienze.
L'alternarsi di luci e colori, la suddivisione oppure la maggiore sintesi
delle forme, comunque come conduzione principale l'articolazione sia dei
colori, sia delle forme. Infine, quello che è l'elemento decisivo che non si
riuscirà mai a descrivere in nessun artista: il fatto che intuitivamente si
arriva a inventare una forma che corrisponde a uno stato d'animo. Penso che
ormai nessuno riuscirà a spiegare esattamente perché nasce una percezione
interna, un sentimento, un'emozione di partecipazione o no da un dipinto.
Non ci si arriverà mai. Quello che si fa nell'analisi critica o storica è
individuare una quantità di elementi che si sa che alla fine confluiscono e
conoscerli aiuta a capire più lucidamente ciò che si sta guardando, però più
lucidamente non vuol dire mai: "adesso ho capito come funziona". Noi li
sentiamo, li percepiamo, possiamo dire che abbiamo una grande sensazione di
pulizia, di nitidezza di purificazione data anche dalla grande diligenza,
dalla grande cura con cui l'artista sta sul suo lavoro. Penso che non
bisognerebbe mai sottovalutare questa componente: quanto tempo, quanta
fatica uno è disposto a dare per terminare un piccolo lembo di una
superficie che sia ben condotta, che combini bene con quello che gli sta
sopra, intorno, e così via. Fa parte del senso dell'articolazione. Ma poi
alla fine l'effetto ritmico come composizione del tipo "contraccolpi",
"punto contra punto" o gli effetti paesistici del paesaggio astratto che è
sempre astratto, è sempre paesaggio, è proprio soltanto un'esperienza
individuale a contatto con l'opera. Io vi auguro di apprezzare questa
esposizione e la raccomando alla vostra attenzione.
Grazie. |
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